martedì 28 giugno 2011

PERCHE' L'AZIONE SIA SORELLA AL SOGNO

Rocco Scotellaro: sindaco, poeta e rivoluzionario



PERCHE' L'AZIONE SIA SORELLA AL SOGNO



di Agostino Giordano



Articolo pubblicato su “Nuova rivista letteraria” - semestrale di letteratura sociale

n.3 – maggio 2011



Oggi apparirebbe come un evento strano e assurdo, forse impensabile, ma in Italia, nel secolo scorso, è accaduto. È accaduto nel 1946 in Italia meridionale, precisamente in Basilicata, in una regione considerata da Carlo Levi “senza storia e senza stato”, che il regime fascista aveva utilizzato come terra di confino. A Tricarico, in provincia di Matera, fu eletto sindaco un poeta socialista che aveva appena ventitrè anni: Rocco Scotellaro.

Franco Fortini, intervenendo durante un convegno organizzato a Matera nel febbraio del 1955 da Raniero Panzieri – per conto del Partito Socialista Italiano (di cui ne era responsabile culturale) – tracciò una descrizione, del “sindaco – poeta”, intensa e appassionata ma allo stesso tempo severa e rigorosa. Scorrendo le parole di Fortini scopriamo che “Vi fu un giovane, figlio di povera gente di un povero paese del sud, che negli anni della vergogna e della speranza del suo paese seppe inserire il suo bisogno di bontà e di giustizia nelle forme di un secolare moto politico; e agire per il socialismo. Il dolore del passato del suo popolo e quello del suo presente, gonfio di interrogativi, di tradimenti e di angosce collettive ed individuali gli hanno dettato alcuni versi puri e liberi. Leggeteli e sperate. Il suo cuore è anche il vostro. Ed agite perché la fraternità non sia solo un sentimento; perché i poeti, per esistere, non debbano essere come cardellini accecati; ma perché la fraternità sia nelle cose, nelle istituzioni, nel pane che mangiate e nel vino che bevete, perché l'azione, come disse cent'anni fa un grande poeta francese, sia sorella al sogno. Quel giovane si chiamava Rocco Scotellaro”1.

Chi è stato dunque questo giovane poeta lucano che, a detta di Franco Fortini, incarnò l'anelito romantico del grande Baudelaire?

Rocco Scotellaro nacque a Tricarico nel 1923 da una famiglia povera e riuscì a portare avanti gli studi, ottenendo la maturità classica, attraversando diverse scuole e città. Nel 1942 frequentò per un breve periodo la facoltà di giurisprudenza a Roma, poi, a causa della morte del padre e della guerra, tornò nello stesso anno a Tricarico, dove cominciò un'intensa attività sindacale, continuando gli studi prima a Napoli e poi a Bari. Nel 1944 fondò – proprio a Tricarico - la sezione del Partito Socialista e nel 1946 venne appunto eletto sindaco. Con una breve interruzione nel 1948, ricoprì la carica di sindaco – molto amato dalla popolazione contadina - fino al 1950. Essendo una figura scomoda per i notabili ed i latifondisti locali, fu ingiustamente arrestato con gravi accuse (concussione, truffa e associazione a delinquere), incarcerato per circa quaranta giorni e poi assolto, con formula piena, per non aver commesso il fatto. Tra il '49 e '50 partecipò alle lotte per la terra, contro il latifondo e per la riforma agraria, divenendo una figura simbolica del mondo contadino lucano e meridionale, nonché importante punto di riferimento progressista degli ambienti politici e intellettuali italiani. Scrittore, poeta, saggista e giornalista – oltre che politico e rivoluzionario – il 15 dicembre 1953, Rocco Scotellaro morì prematuramente, all'età di trent'anni, a Portici, vicino a Napoli, dove, per conto di Manlio Rossi-Doria conduceva ricerche sociologiche e studi politico – economici. La gran parte delle sue opere fu pubblicata dopo la sua morte ed ottenne diversi riconoscimenti (nel 1954 vinse i premi Viareggio e San Pellegrino). Di queste le più importanti e conosciute sono: E' fatto giorno (raccolta di poesie scritte fra il 1940 e il 1943 e pubblicata per la prima volta nel 1954), Contadini del Sud (sempre del1954, sono una serie di racconti in cui traspare una vera e propria inchiesta sociologica), L'Uva Puttanella (romanzo autobiografico rimasto incompiuto a causa della sua morte e pubblicato nel 1955), Margherite e rosolacci (un'altra raccolta di poesie pubblicata nel 1978). Scrisse anche un opera teatrale, Giovani soli (pubblicata nel 1984). Rocco Scotellaro è stato un autore continuamente “scoperto” e “riscoperto”, sottovalutato prima e rivalutato poi, le cui opere inedite sono state pubblicata addirittura fino a oltre trent'anni dalla sua scomparsa. Diversi furono gli intellettuali che apprezzarono e coltivarono il talento di Scotellaro. Quelli che per primi gli aprirono le porte del mondo culturale italiano furono Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, entrambi confinati in Lucania dal regime fascista e conosciuti da Scotellaro nel 1946 ed entrambi profondi conoscitori della Basilicata rurale e contadina, terra di stenti di fame, di fatica, di solitudine, dominata dal “familismo amorale” (per dirla con Banfield), popolata dagli spettri dei briganti e mai raggiunta nemmeno da Cristo, che per un destino beffardo della storia decise di fermarsi a Eboli.

Quella di Scotellaro fu dunque una voce libera, genuina, laica e poco incline all'ortodossia. Per tali ragioni “scoperta” e valorizzata tardivamente anche dal Partito Comunista Italiano, che preferiva l'organicità granitica di altri intellettuali meridionali al pessimismo “verista” e libertario di Scotellaro.

Affidandoci nuovamente all'analisi che Franco Fortini opera sui versi di Rocco Scotellaro, possiamo anche noi scoprire, ad esempio, che il ritmo della poesia La casa viene paragonato al ritmo dell'ultima pagina dei Malavoglia di Verga2

Nelle poesie di Scotellaro, che Eugenio Montale considerò “tra le piú significative del nostro tempo”, c'è il pessimismo e la disperazione dei contadini abbandonati al loro destino sulle terre durissime e difficili da “lavorare”, ma anche la rivolta anarchica, il riscatto, il socialismo e la speranza. Infatti in alcuni sui celebri versi (forse i più conosciuti), “lungo il perire dei tempi/ l'alba è nuova, è nuova”. Significativo è l'autoritratto che abbozza nella poesia La mia bella patria: “Io sono un filo d'erba/ un filo d'erba che trema./ E la mia Patria è dove l'erba trema./ Un alito può trapiantare il mio seme lontano”.

Tra versi che ci raccontano di “comizi volanti” e di sere disperate in cui si rincorrono e si perdono amori, piccole gioie, dolori, paesaggi e volti di contadini lucani ma anche di genti incontrate durante il peregrinare fra svariati luoghi d'Italia, scopriamo che terribile fu la delusione all'indomani del voto del 18 aprile 1948 che consegnò, più o meno definitivamente, l'Italia alla Democrazia Cristiana ed in cui le sinistre furono sconfitte. Infatti la poesia Pozzanghera nera il diciotto aprile che così si conclude: “(...)/Noi vogliamo i soviet, i soviet dei pezzenti/ quelli che strappano ai padroni le maschere coi denti”.

Il mondo contadino di Rocco Scotellaro non c'è più ormai da tanti anni, ma il suo messaggio è attuale come non mai, la lotta difficile e necessaria contro la precarietà della vita, le ingiustizie sociali e le prevaricazione dei potenti e degli odierni notabili. Allo stesso modo è più che mai necessaria l'esigenza di coniugare l'iniziativa politica con l'iniziativa culturale, per far sì che i militanti - “poeti” non siano eccezioni, ma sistematici modi di essere per chi oggi si propone di praticare un'alternativa politica e sociale.

Per concludere dunque è opportuno citare, ancora una volta, altre parole di Franco Fortini, un altro grande scrittore - militante: “Rocco è la voce di uno di noi che, come noi, ha sentito e sofferto, premendo le labbra contro il saccone di crino o di foglie dei suoi contadini e di sua madre, quali possibilità illimitate siano aperte agli uomini. Con il suo tremore di fronte ad una grandezza che ancora non si sa liberare, con la sua speranza di mantenersi integro, di non tradire e di superare il tremito delle proprie labbra, egli ha fatto alcuni versi che abiteranno la nostra memoria. A lui sarebbe bastato; ma, se a noi non può bastare, dobbiamo andare avanti e portarlo con noi”3. Ancora oggi, continuiamo a leggerlo e a portarlo con noi, affinchè l'azione sia sorella al sogno.



1 Franco Fortini, La poesia di Rocco Scotellaro, Basilicata editrice, 1974, Roma - Matera pagg. 54-55



2 Ibidem, pag. 24



3 Ibidem, pagg. 58-59